Il dispositivo «rimane un presidio importante» soprattutto in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori o aperti al pubblico o dove comunque non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro.
Così recita la bozza del protocollo di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid negli ambienti di lavoro discusso nel pomeriggio del 30 giugno da sindacati e associazioni di datori di lavoro insieme al ministero del Lavoro e della Salute.
Forte raccomandazione della Ffp2, non più obbligo.
«L’uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo facciali filtranti FFP2 – avverte la bozza del protocollo che sarà valido fino al 31 ottobre a meno di nuovi necessari aggiornamenti – rimane un presidio importante per la tutela della salute dei lavoratori ai fini della prevenzione del contagio, soprattutto nei contesti di lavoro in ambienti chiusi e condivisi da più lavoratori o aperti al pubblico, o dove comunque non sia possibile il distanziamento interpersonale di un metro per le specificità delle attività lavorative».
Il vecchio protocollo prevedeva che «in tutti i casi di condivisione degli ambienti di lavoro, al chiuso o all’aperto è comunque obbligatorio l’uso delle mascherine chirurgiche o di dispositivi di protezione individuale di livello superiore».
Le aziende potranno decidere vincoli più stringenti.
Come avvenuto già con le precedenti versioni del protocollo, saranno comunque poi le singole aziende in base al contesto lavorativo a decidere se rendere ancora più stringente il vincolo a indossare la mascherina Ffp2. Lo stesso protocollo prevede infatti che il datore di lavoro, «su specifica indicazione del medico competente o del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, sulla base delle specifiche mansioni e dei contesti lavorativi sopra richiamati, individua particolari gruppi di lavoratori ai quali fornire adeguati dispositivi di protezione individuali (FFP2), che dovranno essere indossati, avendo particolare attenzione ai soggetti fragili». «Analoghe misure – continua la bozza – sono individuate anche nell’ipotesi in cui sia necessario gestire un focolaio infettivo in azienda».
Avanti con lo smart working, soprattutto per i fragili.
Il nuovo protocollo fornisce anche delle indicazioni sullo smart working, una modalità finora molto impiegata dalle aziende, anche se negli ultimi tempi si era tornati molto di più verso il lavoro in presenza. La bozza del documento avverte che, «pur nel mutato contesto e preso atto del venir meno dell’emergenza pandemica, si ritiene che il lavoro agile rappresenti, anche nella situazione attuale, uno strumento utile per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19, soprattutto con riferimento ai lavoratori fragili, maggiormente esposti ai rischi derivanti dalla malattia». «In questo senso – prosegue la bozza -, le Parti sociali, in coerenza con l’attuale quadro del rischio di contagio, manifestano l’auspicio che venga prorogata ulteriormente la possibilità di ricorrere allo strumento del lavoro agile emergenziale».