DI CHE COSA SI TRATTA
Con il termine whistleblowing (letteralmente “soffiare dentro il fischietto“, con il fine di attirare l’attenzione) si fa comunemente riferimento alla rivelazione, da parte di un individuo, di un illecito commesso all’interno di un ente; illecito del quale tale individuo abbia avuto conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni.
A CHI SI RIVOLGE LA NORMATIVA
L’art.2 co.1 lett.q) del Decreto Whistleblowing prevede che la nuova disciplina si applichi alle imprese:
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- che nell’ultimo anno abbiano impiegato più di 50 dipendenti;
- che adottino il modello di organizzazione e gestione previsto dal D.Lgs. 231/2001, anche nel caso in cui abbiano impiegato meno di 50 dipendenti nell’ultimo anno;
- che operino in settori tassativamente indicati (servizi, prodotti, mercati finanziari, sicurezza dei trasporti, tutela dell’ambiente, prevenzione del riciclaggio e del terrorismo), anche ove abbiano impiegato meno di 50 dipendenti nell’ultimo anno
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Le imprese che occupano almeno 250 dipendenti sono tenute ad adeguarsi alle previsioni del Decreto Whistleblowing entro il 15 luglio 2023.
Le imprese che occupano meno 250 dipendenti possono beneficiare di un’estensione del termine per l’adeguamento fino al 17 dicembre 2023.
CHE COSA E’ NECESSARIO FARE
Gli artt. 4 – 9 del Decreto Whistleblowing disciplinano la gestione delle segnalazioni. Le aziende saranno tenute ad attivare un proprio canale di segnalazione che garantisca la riservatezza di colui che rivela la commissione dell’illecito avvenuto all’interno delle aziende medesime. Tale canale può, ad esempio, essere istituito per il tramite di una procedura informatizzata accessibile a tutti gli interessati, attraverso la quale il segnalante può inviare la propria denuncia senza doversi recare nei locali aziendali.
La gestione del canale di segnalazione è affidata, in alternativa, ad un soggetto interno all’azienda (e a questo scopo debitamente formato) ovvero ad un soggetto esterno; inoltre, si prevede che le aziende che occupino meno di 250 dipendenti possano condividere il canale di segnalazione interna con altre aziende.
Inoltre, è previsto che vi sia una consultazione sindacale precedente l’istituzione di detto canale, che deve coinvolgere la rappresentanza aziendale ovvero le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
Secondo l’art. 3 del Decreto Whistleblowing, il canale di segnalazione così istituito deve garantire la riservatezza della persona segnalante così come di un nutrito gruppo di individui che orbitano attorno a quest’ultima: il riferimento della norma è ai c.d. “facilitatori” (si veda la lettera c) che segue per maggiori dettagli). La garanzia di riservatezza, oltre che riguardare l’identità degli individui coinvolti, si estende altresì al contenuto della segnalazione, ai documenti utili alla stessa, nonché alle persone menzionate nella segnalazione.
SOGGETTI TUTELATI
All’art. 3 sono identificate le categorie di soggetti per i quali si applicano le tutele previste dal Decreto Whistleblowing, ossia:
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- i lavoratori dipendenti, gli autonomi, i consulenti, i collaboratori, i liberi professionisti, i volontari, i tirocinanti;
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- gli azionisti dell’azienda;
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- gli individui con funzione di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza, rappresentanza;
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- i c.d. “facilitatori”, ovverosia persone fisiche che assistono un segnalante nel processo di segnalazione, operanti all’interno del medesimo contesto lavorativo;
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- i parenti del segnalante e coloro che sono legati a quest’ultimo da uno stabile legame affettivo;
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- i colleghi del segnalante che lavorino nel medesimo contesto lavorativo e che intrattengano con quest’ultimo un rapporto abituale e corrente.
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L’art. 5 del Decreto Whistleblowing prevede che siano messe a disposizione degli stakeholders (termine con cui si indica il gruppo di individui che in senso lato hanno un interesse correlato all’azienda) le informazioni riguardanti il funzionamento del canale di segnalazione sia attraverso l’affissione nei luoghi di lavoro (in modo che siano facilmente visibili), sia attraverso la pubblicazione su apposita sezione del sito Internet dell’azienda.
SANZIONI PREVISTE
L’art. 21 del Decreto Whistleblowing prevede le sanzioni applicabili alle aziende che omettano di adottare tempestivamente gli accorgimenti necessari per gestire le segnalazioni. In particolare:
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- una sanzione pecuniaria compresa tra i 5.000 e i 30.000 Euro qualora siano accertate attività ritorsive, ovvero qualora sia violato l’obbligo di riservatezza o l’azienda abbia ostacolato, o tentato di ostacolare, l’espletamento della procedura di segnalazione;
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- una sanzione pecuniaria compresa tra i 10.000 e i 50.000 Euro qualora l’azienda non abbia istituito il canale di segnalazione, ovvero qualora tale canale non sia conforme alle previsioni del Decreto Whistleblowing o l’azienda non abbia dato seguito ad una segnalazione ricevuta.
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L’ente preposto all’erogazione delle sanzioni, munito anche di poteri istruttori, è l’ANAC (Autorità Nazionale Anti Corruzione), destinataria altresì delle segnalazioni qualora il canale previsto nel Decreto Whistleblowing non sia stato istituito internamente all’azienda.
dati forniti (fonte): klgates.com